Vi racconto una cosa che mi è successa questa mattina.
Una stupidaggine da social, ma che mi ha fatto riflettere su quanto aveva - ed ha - ragione Philippe Ariès quando nel suo libro "Storia della morte in Occidente" spiega come oggi la morte sia diventata il più grande dei tabù.
E se la morte diventa l'ultima innominabile, che fine possono fare la pietà, la rassegnazione, l'umanità?
Ma veniamo al fatto.
Questa mattina vedo sulla pagina facebook dell'Enpa un post in cui si dice peste e corna dell'ignoto che ha schiacciato con una pietra, una tortora in difficoltà (così la definiscono) che qualcun altro aveva già segnalato ai volontari Enpa perché andassero a soccorrerla.
Ok, uccidere un animale solo perché pensi che sia irrecuperabile può essere un gesto azzardato, ma per me che sono cresciuta in una famiglia di origini contadine, non è poi così inusuale.
Succede che zappando l'orto tranci involontariamente in due un topolino o una talpa un serpentello nella sua tana.
Succede che nel bosco trovi un picchio a terra, agonizzante, orrendamente dilaniato dagli artigli di un rapace, e con un gesto di pietà gli tiri il collo.
Così come succede che il tuo gatto abbia un tumore intrattabile che gli sta facendo patire dolori terribili, e allora lo porti a fare l'iniezione definitiva.
Ora, rigurado alla tortora, può essere che qualcuno sia passato di lì dopo il segnalatore (che nel frattempo se ne era evidentemente andato) e pensando che la bestiola fosse irrecuperabile, la abbia voluta pietosamente sopprimere.
E io ho fatto l'errore di scrivere questo sotto al post. Non l'avessi mai fatto! Sono stata investita di commenti indignati e al limite dell'ingiuria.
Ora, siccome non ho voglia di discutere con gente che non è disposta a uscire dal suo bell'orticello mentale fatto tutto di bontà e dolcezza, per ragionare sulla vita reale, ho cancellato e pace. Restino pure nel loro bozzolo di becero buonismo. Magari qualcuno è anche in buona fede, chissà.
Però, intanto questa piccola vicenda mi ha fatto riflettere su ciò che lessi nel succitato libro di Philippe Ariès tempo fa, e che trovo sempre attuale, purtroppo.
Perciò vi dò qui due link introduttivi, e vi invito a cercare questo testo, in libreria o in biblioteca, non è difficile da trovare.
Il libro di Philippe Ariès:
Recensione:
Riflessione: