Se pure il satanismo può essere visto come un fenomeno di ribellione adolescenziale/giovanile, non dobbiamo però pensare che esso possa o tantomeno debba venir superato e dimenticato: perché il satanismo è un vero e proprio risveglio della coscienza, un "rito di passaggio" che come ci insegnano i grandi miti (la cacciata dal paradiso, il velo di maia) ha conseguenze non trascurabili sulla psiche, segnando una vera e propria cesura con il proprio passato.
Chi dice di aver vissuto e "superato" il satanismo quindi o sta mentendo a tutti - se quello che ha provato era solo un surrogato che ha "vestito" senza assimilarne l'essenza - o sta mentendo a se stesso - se lo ha vissuto veramente ed esso ha cambiato la sua vita - oppure, se davvero lo ha vissuto, assimilato ma poi è riuscito a "dimentcarsene" abbandonando tutto ciò che dal satanismo ha imparato, egli non ha fatto altro che reimmergersi nell'oblìo, come fa nel film Matrix il personaggio di Cypher quando sceglie di riconnettersi alla matrice artificiale annullando così la propria memoria e tutto ciò che ha vissuto nella realtà.
E se è vero che il mondo reale può essere tanto insostenibilmente crudele e terribile da non poter essere affrontato da chiunque senza un filtro che lo faccia vedere più roseo e addomesticato di quello che è, è anche vero che chi arriva a definirsi consapevolmente satanista è una persona che ha preso coscienza del paraocchi che la famiglia e la società gli hanno piazzato sul muso da quando non era che un puledro, e che ora fa ogni sforzo per toglierselo, anche se la visione ampia e abbacinante della realtà in tutti i suoi aspetti rischia seriamente di farlo impazzire.
Ecco, forse è per questo che qualcuno, dopo aver dato una fugace occhiata al di là del muro, corre svelto a nascondersi di nuovo nelle sue consolanti quanto artificiali "certezze": il nido familiare che gli offre conforto senza chiedergli di rendere conto delle proprie azioni, l'adesione ad una morale esterna che gli evita di porsi dilemmi etici, una religione che lo faccia sentire amato da una o più divinità che altro non sono che una trasposizione metafisica della figura genitoriale. Una religione che può anche definirsi di mano sinistra, può anche proclamarsi satanica, può anche dirsi formalmente atea (ma la definirei più propriamente egoteista, o per lo meno è così che pare la si intenda in molte organizzazioni italiane ed estere), ma sempre una religione resta, finché impone i suoi dogmi e le sue regole, soffocando il libero pensiero e imbrigliando nella falsariga dei propri precetti la possibilità di sviluppo e di maturazione dell'individuo.
E se è vero che il mondo reale può essere tanto insostenibilmente crudele e terribile da non poter essere affrontato da chiunque senza un filtro che lo faccia vedere più roseo e addomesticato di quello che è, è anche vero che chi arriva a definirsi consapevolmente satanista è una persona che ha preso coscienza del paraocchi che la famiglia e la società gli hanno piazzato sul muso da quando non era che un puledro, e che ora fa ogni sforzo per toglierselo, anche se la visione ampia e abbacinante della realtà in tutti i suoi aspetti rischia seriamente di farlo impazzire.
Ecco, forse è per questo che qualcuno, dopo aver dato una fugace occhiata al di là del muro, corre svelto a nascondersi di nuovo nelle sue consolanti quanto artificiali "certezze": il nido familiare che gli offre conforto senza chiedergli di rendere conto delle proprie azioni, l'adesione ad una morale esterna che gli evita di porsi dilemmi etici, una religione che lo faccia sentire amato da una o più divinità che altro non sono che una trasposizione metafisica della figura genitoriale. Una religione che può anche definirsi di mano sinistra, può anche proclamarsi satanica, può anche dirsi formalmente atea (ma la definirei più propriamente egoteista, o per lo meno è così che pare la si intenda in molte organizzazioni italiane ed estere), ma sempre una religione resta, finché impone i suoi dogmi e le sue regole, soffocando il libero pensiero e imbrigliando nella falsariga dei propri precetti la possibilità di sviluppo e di maturazione dell'individuo.
- Barbara -